Rito, costume, paradosso. Il cammino del pane | Milano | Spazio Oberdan | 27 Novembre 2013 /26 Gennaio 2014 |
Una grande collettiva di opere contemporanee che indaga la dimensione culturale e simbolica del pane, dalle origini ad oggi.
L'esposizione, promossa dalla Provincia di Milano/ Assessorato alla cultura e con il patrocinio dell’Expo 2015, rientra nell'ambito del progetto pluriennale e multidisciplinare Non di solo Pane, ideato da Susanna Vallebona con SBLU_spazioalbello, associazione che ha come principale finalità la diffusione della cultura visiva e la ricerca e costruzione di un'etica della bellezza.
Due delle quattro opere di Carla Cacianti presenti in mostra, parte del ciclo Da–mater/Terramadre.
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Pannello introduttivo alla mostra, con un brano del testo di presentazione in catalogo di Gualtiero Tonna (in foto).
“... Rito, costume, paradosso esplora il “cammino” del pane: un racconto fatto di segni, forme e materia, una serie eterogenea di opere che assimila la storia del pane a quella dell’uomo, come in un’indagine antropologica. Le opere allestite secondo un andamento cronologico ideale accompagnano lo spettatore in un percorso che muove dalla notte dei tempi e dalla mitologia della Terra, passa per il nomadismo e gli insediamenti stanziali, per tornare di nuovo alla emigrazione in cerca di cibo. Dice lo scrittore croato Predrag Matvejevic “ Il pane è più antico della scrittura...”. Quella che gli antichi greci chiamavano “Gea, dea della terra, madre di tutto” è un’allegoria condivisa: per gran parte della mitologia mondiale la Terra è all’origine del mondo, già in civiltà molto antiche era adorata come Grande Madre, creatrice e protettrice. In Mesopotamia era “la Signora che procrea, colei che foggia ogni cosa su cui palpita il soffio della vita”. E nella cultura greca il poeta Esiodo nel secolo VIII a.C. narrava: “Prima era il Caos, poi Gea: la Terra, dall'ampio seno, solida ed eterna sede di tutte le divinità che abitavano l'Olimpo”. Nel mondo mitico dell'agricoltura la vita e la terra che germoglia evocano l'immagine della donna che concepisce la vita nel suo ventre, fra i misteri più affascinanti dell’esistenza, mentre il mito di Proserpina giustifica il perpetuo susseguirsi delle stagioni.”
Susanna Vallebona (Catalogo delle mostra, Milano 2013)